Le città contemporanee stanno attraversando o, meglio ancora, subendo trasformazioni radicali e prorompenti, spinte dalle nuove tecnologie e dall’urgenza di rispondere – spesso in affanno – a esigenze ambientali e sociali sempre più pressanti.
Carlo Ratti, architetto ed urbanista del MIT, ha introdotto il felice concetto di “città sensibili”, immaginando metropoli dove tecnologia e dati diventano fondamentali per migliorare la qualità della vita urbana. In una “città sensibile”, i sistemi di trasporto, le infrastrutture energetiche, i servizi pubblici e persino gli edifici sono interconnessi attraverso una rete di sensori che raccolgono e analizzano dati in tempo reale. Questo permette una gestione dinamica e adattiva delle risorse urbane, facendo sì che la città apprenda dai comportamenti dei suoi abitanti e reagisca di conseguenza, ottimizzando l’efficienza energetica, riducendo gli ingorghi stradali e migliorando la gestione dei servizi. Quasi che le nostre città, coi loro edifici, i loro oggetti e le infinite reti di connessione stiano incominciando a parlarci.
Le pagine di Ratti mi hanno riportato immediatamente ad uno di quei libri che tengo sempre a portata di mano, ovvero “Le città invisibili” di Calvino, ormai logoro e consunto come solo quelle edizioni tascabili Mondadori lette e rilette in angolo del mondo ed in ogni momento della vita col solo ausilio del lapis sanno essere. Calvino, esplorando le molteplici dimensioni simboliche e materiali delle città tramite l’espediente letterario del dialogo tra Marco Polo e Khubilai Khan, ci mostra come le città non siano solo insiemi di edifici e strade, ma anche di memorie, desideri e segni di un linguaggio comune. Le sue “città invisibili” sono imprescindibili chiavi di lettura del modo in cui viviamo e pensiamo gli spazi urbani.
Il tema della sosta e dei parcheggi incarna perfettamente l’incrocio tra la visione di urbanistica – mai tecnocratica, ma densa di umanesimo – di Ratti e il capolavoro di Calvino, che cerca di carpire l’animo umano attraverso vari spaccati di ambienti urbani immaginari. Ad esempio, i parcheggi, spesso visti solo come spazi funzionali, possono trasformarsi in hub dinamici e multimodali, che rispondono alle esigenze di una popolazione sempre più mobile e ambientalmente consapevole. La nostra azienda, ParkingMyCar, si colloca al centro di questa rivoluzione, offrendo soluzioni digitali che permettono di gestire la sosta in modo più efficiente e sostenibile, mettendo in pratica una visione integrata e globale del processo di sosta.
Attraverso l’utilizzo di app e piattaforme digitali, facilitiamo l’accesso a spazi di parcheggio ottimizzati che si adattano alle fluttuazioni giornaliere della domanda urbana, riducendo il traffico e le emissioni di CO2. Inoltre, l’integrazione di sistemi IoT nei parcheggi da noi serviti rende possibile la raccolta di dati in tempo reale, migliorando continuamente l’esperienza dell’utente e l’efficienza dello spazio urbano.
Il ruolo del digitale in questi processi trasformativi che stanno letteralmente sconquassando le città è, quindi, cruciale. Esso non solo permette una gestione più intelligente degli spazi di sosta, ma anche apre la strada a una nuova concezione di città, dove ogni spazio è vivibile e valorizzato, in pieno accordo con la visione di una “città sensibile” di Ratti. Così, la tecnologia diventa un ponte tra la concretezza dei bisogni urbani e la visione poetica di una città che si adatta e risponde ai suoi abitanti, come le metropoli immaginate da Calvino, sempre che vi sia una guida “politica” dei processi in questione, vista la valenza “non neutra” dell’innovazione tecnologica.
In conclusione, le città stanno cambiando e con esse il concetto stesso di sosta e parcheggio. Da semplici luoghi di transito, questi spazi stanno diventando elementi integrati di un ecosistema urbano più ampio, sensibile e interconnesso. La sfida che dovrebbe unire decisori pubblici ed operatori economici privati che fanno innovazione e che investono in ricerca e sviluppo è quella di spianare la strada verso metropoli più vivibili e sostenibili ma, soprattutto, umane.